giovedì








Navigando ed esplorando vari aspetti della mia personalità (enneatipo otto) ho iniziato ad osservare quella particolare tendenza che mi ha caratterizzato: il confronto. A considerare come quest’attitudine mi abbia portato nel tempo a procurare ed a ricevere molte ferite, con il risultato di permettere al mio superego di fornirmi la giustificazione per difendermi dalle emozioni e dai sentimenti, di isolare la connessione col cuore, di non permettere che quest’ultimo sia toccato dal dolore che una ferita procura.
Non dare il proprio cuore a nessuno, persone, relazioni, neanche ad animali, sembrava essere la soluzione, ricoprendo tutto questo di un manto anche “spirituale”, giustificandolo con un malinteso senso del distacco  e dell’osservazione.
In queste condizioni, col cuore protetto da una corazza, non più raggiunto e toccato dalle fitte che per esempio una relazione di qualunque tipo può procurare, al sicuro e al buio, quella corazza si è trasformata lentamente in un sarcofago dove amore, gioia, intimità, confidenza e condivisione sono sepolte e dove il cuore, al sicuro da qualunque raggio di luce, lentamente diventa duro, insensibile, cinico, indifferente, simile ad un cadavere.
Nella mia esperienza, questa condizione d’isolamento è simile ad un inferno freddo e tetro, separato dalla Vita, dall’universo, dall’Amore.
Ma osservando tutto ciò mi è apparso sempre più chiaro che non ci sono molte possibilità di scelta.
L’alternativa alla percezione del dolore del cuore, delle emozioni, dei sentimenti,  sembra quindi essere l’inferno.
Un cuore vivo e di carne procura inevitabilmente il dolore così come la gioia ed è  partecipe della vita, viceversa, difendersi dal dolore garantisce la sopravvivenza (così come il giudice interiore vuole) ma credo impedisca la totalità della vita e dell’amore.
Yesh Marco Firinu

1 commento:

Silvia Paola ha detto...

Marco mi riconosco nel tuo trascorso, e aggiungo anche (e forse l'hai appena detto con parole tue :) il timore di non essere compresa e accettata, l'idea orgogliosa di appartenere a una casta intellettual-spiritual-sensibile migliore degli altri così "ordinari", il nascondermi dietro un'apparenza misteriosa e sfuggente che sembrava quasi snobberia semplicemente per la grande paura di essere ed esprimere me stessa, all inclusive. Ero molto più indulgente verso gli altri che verso me, fondamentalmente rigida, incerta e bisognosa di approvazione, che ricercavo in modo obliquo.

A quel "tempo di dolore" non le sapevo neppure io queste cose di me. Ma tutto questo "male" ha generato una me disposta a non voler immaginare nè sperare d'essere "speciale", a fluire senza troppo badare alle critiche, a ridere di me e di tutto, a sperimentare l'amore e la tenerezza innanzitutto nei miei confronti. Cosa che mi ha aperto con emozione all'amore del mondo intero, amore che mi giunge e ri scorre da me verso il tutto con la leggerezza e la fiducia che mi ha insegnato l'esistere pienamente qui e ora. E che questa consapevolezza è il vero tesoro, per tutto e per tutti.

Non è nè spiegando, nè ricercando che ci si arriva. L'Amore diventa vivo e caldo solo, come ben spieghi, vivendo a braccia e cuore aperti. Coraggiosamente delicati, morbidi, curiosi, vivi. Grazie Marco.